Le vaccinazioni evitano ogni anno tra i due e i tre milioni di morti, secondo i dati resi noti nel corso della recente Settimana mondiale dell’Immunizzazione. Eppure, non solo sono ancora forti le resistenze nei confronti di questa fondamentale pratica di prevenzione. Ma i media continuano a dare spazio a queste posizioni, anche per bocca di persone che non hanno alcuna specializzazione al riguardo.

È il caso, ultimo esempio in ordine di tempo, della trasmissione Virus, in onda su Rai 2, che alcuni giorni fa ha ospitato il giornalista e produttore musicale Red Ronnie. Il quale ha definito “demenziale” e “assurda” la pratica di vaccinare i bambini, proseguendo con la consueta elencazioni di presunti effetti collaterali delle vaccinazioni, la cui correlazione con i vaccini non è mai stata dimostrata, ma continua a essere riproposta da movimenti e organizzazioni anti-vaccini.

In collegamento, nel corso della trasmissione, era presente anche Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele. Il quale ha avuto giusto il tempo di smentire la correlazione tra vaccini e autismo, un’ipotesi formalmente smentita da oltre un decennio eppure ancora costantemente rilanciata da chi cerca argomenti per opporsi ai vaccini. Ma non è stato messo in condizione di ribattere in modo puntuale a tutte le informazioni sbagliate che erano state diffuse nel corso della trasmissione.

Per fortuna, il professor Burioni non si è perso d’animo e il giorno dopo ha pubblicato un durissimo post sul suo profilo Facebook, nel quale – tra e altre cose – si appellava al Ministro Lorenzin affinché con il soldi pubblici che finanziano la tv di Stato non “si diffondano notizie false che porteranno i genitori a fare scelte che metteranno a rischio la salute dei cittadini”.

E qui la sorpresa. Il post, infatti, è stato condiviso da qualcosa come 50.000 utenti del popolare social network, raggiungendo oltre cinque milioni di visualizzazioni (oltre cinque volte gli spettatori medi di una puntata di Virus!), scatenando una sorta di rivolta virtuale.

Insomma, per una volta, un caso di “doctor internet” al contrario. Che sembra dimostrare come non sia vero che il pubblico, in materia di salute, tenda a dar retta solo alle notizie più scandalistiche che trova in rete. E rilancia la necessità di insistere per assicurare un’informazione corretta su tutti i media.

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