Per la Cassazione il principio di affidamento, in caso di responsabilità medica in equipe, va contemperato con l’obbligo di garanzia verso il paziente

Ai fini dell’individuazione della responsabilità medica in equipe ciò che conta è la verifica dell’incidenza della condotta di ogni sanitario sull’evento lesivo. In caso contrario, infatti, si sfocerebbe nel campo della responsabilità oggettiva. Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione tornando ad occuparsi di responsabilità penale del medico in caso di esito infausto del suo operato.

Il caso vedeva imputato per omicidio colposo un medico accusato, assieme a un altro sanitario, di non aver richiesto una TAC di controllo. Il camice bianco avrebbe in tal modo sottovalutato un nuovo importante sanguinamento del paziente, puntualmente verificatosi, costituente causa prima del decesso.

Al di là della vicenda specifica, la pronuncia si sofferma sull’applicazione del principio di affidamento negli interventi affidati a più medici, sia pure in forma diacronica attraverso atti medici successi.

Tale principio vale laddove una pluralità di soggetti si trovi a operare a tutela di un medesimo bene giuridico sulla base di precisi doveri suddivisi tra loro. Una situazione in cui è opportuno che ogni compartecipe abbia la possibilità di concentrarsi sui compiti affidatigli, confidando sulla professionalità degli altri.

Il principio di affidamento, costituisce un limite all’obbligo di diligenza gravante su ogni titolare della posizione di garanzia. D’altro canto però, secondo gli Ermellini, esso “va contemperato con l’obbligo di garanzia verso il paziente”.

Tale obbligo è a carico di tutti i sanitari che partecipano contestualmente o successivamente all’intervento terapeutico. Se così non fosse ogni operatore sarebbe legittimato a disinteressarsi dell’operato altrui, con tutti i rischi che ne conseguono in ragione del difetto di coordinamento.

Con la sentenza n. 2354/2018, in conclusione, la Suprema Corte sancisce che il riconoscimento della responsabilità per errore medico altrui richiede la verifica del ruolo svolto da ciascun sanitario dell’equipe. Non è consentito, invece, ritenere a priori la sussistenza di una responsabilità del gruppo, in base a un ragionamento aprioristico.

 

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1 commento

  1. salve vi espongo in breve il mio caso, problemi di emorroidi mi rivolgo ad un centro proptologico emorroidi terzo grado proviamo con una cura pomata e pastiglie per circa un mese il problema sussiste quindi ci si organizza per l intervento (emorroidectomia con il metodo longo) anamnesi ,nessuna malattia particolare ,invece problemi seri con epistassi che mi hanno torturato fin da bambino insieme a ematomi per piccoli urti ed altri piccoli problemi riguardanti il sangue,esami preliminari che sottolineavano un P T T che non era apposto malgrado cio’ sono stato operato .Da li è incominciato il mio calvario,emorragia che è andata avanti fino al mattino dopo, dopo 2 giorni malgrado il mio P T T si fosse ulteriormente aggravato sono stato dimesso,per loro tutto apposto appena tre giorni dopo a casa l emorragia è ricominciata più seria di prima ricoverato d urgenza in un altro ospedale dopo 5 ore il sangue ancora non si fermava il chirurgo opto per una laparotomia esplorativa perchè la questione non era chiara, tante trasfusioni una lunghissima convalesciensa fatta di diarrea cronica dimagrito 20 chili pin piano dopo mesi mi sono rimesso fatta una indagine ematologica è uscito fuori che sono portatore dalla malattia di Von Willenbrant carenza del fattore ottavo della coagulazione . Domanda si poteva evitare? grazie

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