Cosa rischia il proprietario del locale pubblico per i continui rumori e la musica ad alto volume provenienti dal suo esercizio nelle ore notturne?

Dieci giorni di arresto la pena inflitta al gestore di un locale pubblico, cui era stato contestato di aver diffuso musica ad elevato volume, in ore notturne, e di non aver impedito gli schiamazzi ed i rumori dei clienti, si da disturbare ripetutamente il riposo delle persone abitanti negli immobili limitrofi.

Disturbo della quiete pubblica

L’addebito era quello di disturbo della quiete pubblica di cui agli artt. 81 cpv., 40, 659, comma 1, cod. penale.
Ma l’uomo ricorreva per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata perché priva di fondamento logico-fattuale.
I giudici della Cassazione non hanno accolto il ricorso ed anzi, hanno confermato in via definitiva la decisione di condanna poiché non censurabile ed anzi, del tutto adeguata, e priva di qualsivoglia illogicità manifesta
La decisione era stata assunta sulla base delle prove testimoniali dei soggetti che abitavano nei pressi del locale, i quali avevano confermato l’elevato rumore che proveniva dall’esercizio, specie nel fine settimana (quando era particolarmente affollato) ed anche in ore notturne; ciò aveva provocato – nel corso degli anni – numerosi esposti e segnalazioni.

In forza di tali considerazioni il Tribunale aveva fatto buon governo:

a) del costante principio secondo cui l’affermazione di responsabilità per la fattispecie in esame non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato;
2) dell’ulteriore principio per cui l’attitudine dei rumori ad arrecare pregiudizio al riposo od alle occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal che il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, si che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità.
Di tale principio, tra tutte è espressione, una recente sentenza della Terza Sezione Civile della Cassazione (Sez. 3, n. 11031 del 5/2/2015) ove si è affermato che “in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete”;
3) della piena attendibilità delle deposizioni assunte, invero non contestata con argomenti concreti.
La pronuncia era pertanto, immune da vizi e del tutto coerente con la costante giurisprudenza in materia.
Per tali motivi il ricorso è stato dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La redazione giuridica

 
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