La patologia, che ha un’incidenza di 16 pazienti per 100.000 bambini, è la principale malattia glomerulare dell’infanzia. La ricerca getta luce su possibili nuove terapie.

Un nuovo studio sulla sindrome nefrosica apre nuovi orizzonti per la cura di questa patologia.

Grave malattia renale debilitante, la sindrome nefrosica ha un’incidenza di 16 pazienti per 100.000 bambini.

Ora, questa ricerca condotta negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna e in Italia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, potrebbe cambiare la vita di tanti pazienti.

I risultati di questo importante studio sono stati pubblicati nell’ultimo numero del Journal of American Society of Nephrology (JASN), e potrebbero portare a nuove diagnosi. E, quindi, a nuovi trattamenti.

A spiegare i risultati di questa ricerca sulla sindrome nefrosica è stata – in una nota – la dottoressa Marina Vivarelli. L’esperta fa parte dell’unità operativa Nefrologia e dialisi dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù che ha partecipato allo studio.

“L’analisi del DNA di pazienti pediatrici raccolti in due continenti – spiega – ha permesso di individuare alcuni fattori di predisposizione genetica di una malattia renale, la sindrome nefrosica cortico-sensibile del bambino. Di questa malattia molto eterogenea, che curiamo con il cortisone e a volte con altri farmaci che abbassano le difese immunitarie, oggi comprendiamo poco le cause”.

La sindrome nefrosica è la principale malattia glomerulare dell’infanzia. Il glomerulo renale è una sorta di gomitolo di vasi sanguigni.

Questo ha la funzione di filtrare il sangue per produrre le urine. Quando però non funziona in modo corretto, notevoli quantità di proteine si perdono nelle urine.

Ad oggi, i trattamenti a disposizione prevedono la somministrazione di steroidi. Oppure, di altre terapie immunoregolatrici. Il loro compito è quello di bloccare l’inevitabile progressione della patologia verso la malattia renale cronica e l’insufficienza renale.

Tuttavia, questi farmaci non sono specifici per la sindrome nefrosica. Pertanto, hanno effetti collaterali importanti.

Per esaminare le basi genomiche della sindrome nefrosica, un team guidato dal prof. Pierre Ronco, dell’Università La Sorbona di Parigi, ha analizzato i genomi di quasi 400 bambini con la malattia.

Il team di ricerca ha scoperto che varianti genetiche in prossimità dell’antigene leucocitario umano (HLA), predispongono allo sviluppo della sindrome nefrosica pediatrica. La presenza di tali varianti aiuta, inoltre, ad identificare le forme con prognosi migliore.

“I risultati di questo studio – conclude Vivarelli – ci aiutano a identificare i pazienti con le forme più benigne fin dall’inizio della malattia”.

Inoltre, la ricerca ha rafforzato l’ipotesi che la causa di questa malattia sia legata a una disregolazione del sistema immunitario. Questo ha posto le basi per altri studi, “mirati a capire esattamente cosa provochi questa malattia e come curarla nel modo migliore”.

 

 

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