Una interessante pronuncia della Cassazione fa il punto sulle spese del ctu, precisando che possa essere pagato da tutti senza che rilevi la ripartizione delle spese contenuta nella sentenza definitiva.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15204/2018, si è occupata del tema riguardante le spese del Ctu.

Secondo gli Ermellini, infatti, il CTU operando nell’interesse della giustizia, con mandato neutrale, dopo aver chiesto inutilmente il quantum dovuto, può esigere il pagamento solidale del suo compenso alle parti.

E questo, senza che rilevi la ripartizione di tale voce di spesa contenuta nella sentenza definitiva.

La vicenda

In una causa di risarcimento danni da sinistro stradale RCA, il Tribunale ha rigettato le domande di parte attrice. Contro di esse, è stata proposta una impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello che però ha respinto il gravame.

Ebbene, gli attori soccombenti nei primi due gradi di giudizio hanno dunque fatto ricorso in Cassazione. In particolare, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 168 d.p.r. 115/2002 e successive modifiche.

E questo, alla luce del fatto che “il Tribunale avrebbe dovuto compensare almeno le spese delle due consulenze tecniche d’ufficio: il giudice d’appello ha ritenuto che non vi fossero ragioni di compensazione per la totale soccombenza degli attori, avendo questi già ricevuto tutto quanto era loro dovuto prima di avviare la causa. Invece – affermano i ricorrenti – non sarebbe così per le spese di accertamento tecnico.”

Tuttavia, per gli Ermellini, il motivo è palesemente infondato. “Esso invoca giurisprudenza non pertinente con la compensazione, e che anzi afferma l’esistenza della responsabilità solidale delle parti rispetto al consulente”.

A tal proposito i giudici ricordano quanto segue. “Il consulente tecnico d’ufficio che abbia inutilmente chiesto il dovuto in base al decreto di liquidazione provvisoria del compenso può esigerne il pagamento solidale dalle parti a prescindere dalla diversa ripartizione della spesa contenuta nella sentenza che ha definito il giudizio, in quanto – salvi i rapporti interni tra le parti – l’ausiliare opera nell’interesse della giustizia in virtù di un mandato neutrale”.

Alla luce di quanto enunciato, “non si vede, pertanto, in base a quale ragione il giudice d’appello, a fronte di una completa soccombenza, abbia violato le norme per non avere disposto la compensazione.”

 

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