La Cassazione si è espressa sulla regolamentazione delle spese di lite in relazione all’attore parzialmente vittorioso fornendo chiarimenti

Nel sistema processuale attuale, il giudice è tenuto a condannare la parte soccombente al rimborso delle spese di lite e al pagamento delle competenze professionali in favore dell’altra parte, liquidandone il relativo ammontare. Tuttavia, se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta, al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta. Questo fatto salvo il disposto dell’art. 92, comma II Cpc.

Inoltre, il predetto II comma dell’art. 92 Cpc, dispone come, in caso di soccombenza reciproca ovvero di altre gravi ed eccezionali ragioni indicate in motivazione, il Giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese di lite tra le parti.

Ciò posto, l’attore parzialmente vittorioso non può essere condannato alle spese di lite, neppure parzialmente. E questo in relazione all’unica domanda proposta ovvero nel caso di vittoria su una delle plurime domande avanzate, quand’anche soccombente per il resto e, quindi, nell’ipotesi di vicendevole soccombenza.

Al massimo tali spese possono essere compensate, per l’intero o in parte.

Tuttavia, la condanna deve essere sempre posta a carico del convenuto per la parte restante.

A dirlo è l’ordinanza della Cassazione n. 1572, depositata in data 23 gennaio 2018.

Nel caso di specie, con opposizione a precetto il ricorrente eccepiva alcune cose. In primis, la nullità della notificazione, in quanto avvenuta per mezzo di ufficiale giudiziario territorialmente incompetente.

In secondo luogo, la non debenza dell’IVA calcolata sulle spese, diritti e onorari. Infine, l’illegittima applicazione delle voci di precetto relative alle cd. consultazioni e corrispondenza con il cliente.

Il Tribunale ha accolto l’opposizione, anche se solo limitatamente alla non dovuta corresponsione dell’IVA, con compensazione delle spese di lite per un terzo, e con i restanti due terzi posti a carico di parte opponente, parzialmente vittoriosa in relazione ad una delle domande spiegate.

La Corte di Appello, sul gravame da lui proposto, confermava la sentenza di primo grado. Infatti i giudici hanno ritenuto come la condanna subita da parte opponente fosse legittima “in ragione della maggiore soccombenza dell’attore in primo grado”.

Il soccombente però ha deciso di fare ricorso in Cassazione. L’uomo ha dedotto anche la violazione dell’art. 91 Cpc, per avere le corti di merito, nonostante l’accoglimento dell’opposizione a precetto, posto a suo carico le spese di lite.

Il Supremo Collegio, però, ha osservato come “il giudice, nel regolare le spese, deve tener presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione in questione, in base a un criterio pur sempre unitario e globale (cfr., di recente, Cass., 16/05/2017, n. 12005, in tema di pluralità di domande contrapposte)”.

Pertanto, ritiene di condividere la giurisprudenza che afferma quanto segue.

“Nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91, cod. proc. civ., dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, al di fuori dell’ipotesi prevista dal secondo periodo del primo comma del suddetto articolo, l’attore parzialmente vittorioso sull’unica domanda, e dunque, logicamente, anche quello vittorioso su una delle domande proposte, nonostante l’esistenza di una soccombenza a suo carico per la parte di domanda rigettata o per le altre domande rigettate, e cioè nonostante la sussistenza di una soccombenza reciproca, non può essere condannato neppure parzialmente alle spese. Esse, in alternativa all’imposizione totale al convenuto, mera espressione del principio di causalità, possono essere solo compensate totalmente o parzialmente, con condanna, però, in questo secondo caso, a carico del convenuto per la parte non compensata (Cass., 19/10/2016, n. 21069, punti 3.1.-3.5., specie pagg. 8-9)”.

Non solo. Argomentando a contrario dall’art. 91, primo comma, secondo periodo, si ricava come “la norma lì collocata prevede che il giudice «se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dall’art. 92”.

Dunque, se in quest’ultima evenienza si potesse giustificare la condanna alle spese di lite della parte parzialmente vittoriosa, ciò implicherebbe quanto segue.

Ovvero che “eccetto tale ipotesi, il sistema processuale impone che, al netto delle facoltà di compensazione, si faccia rigorosa applicazione del principio di causalità e non si condanni mai alla rifusione delle spese chi è stato costretto a innescare la lite in modo fondato anche solo in parte”.

Alla luce di quanto sopra enunciato, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata. Pertanto, decidendo nel merito, vanno compensate per l’intero giudizio le spese di lite.

 

 

 

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