Addio pagamenti dello stipendio effettuati in contanti: dal primo di luglio per chi non usa strumenti tracciabili sono previste multe fino a 5 mila euro.

Il pagamento dello stipendio in contanti – a partire dal 1° luglio – potrebbe costare multe salatissime. Chi non utilizzerà infatti strumenti tracciabili rischierà sanzioni fino a 5000 euro.

La riforma riguardante il pagamento dello stipendio in contanti, però, non è prevista per tutte le categorie di lavoratori.

Sono infatti esclusi i dipendenti delle PA, i domestici, i tirocinanti, i titolari di borse di studio e i lavoratori autonomi occasionali.

Tuttavia, le sanzioni previste sono molto alte, sebbene resti valida la possibilità di fare ricorso.

Le multe si applicano anche se il pagamento non va a buon fine.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste la norma, chi riguarda e quali sanzioni sono previste per chi non la rispetta.

La normativa

Il comma 910 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 prevede che dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro siano tenuti a corrispondere ai lavoratori la retribuzione e gli anticipi sulla stessa tramite banca o ufficio postale.

Il tutto dovrà avvenire tassativamente con uno dei seguenti mezzi di pagamento:

  • bonifico sul conto del lavoratore;
  • strumenti di versamento elettronici;
  • pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale in cui il datore ha un conto corrente di tesoreria aperto con mandato di pagamento;
  • assegno da consegnare al dipendente o a un suo delegato, in caso d’ impedimento.

Ora, l’impedimento s’intenderà comprovato se il delegato è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale di età non inferiore a sedici anni.

Inoltre, si ricorda che la firma del lavoratore sulla busta paga non prova l’avvenuto pagamento dello stipendio.

Ecco l’elenco dei rapporti di lavoro interessati dalla riforma.

  • rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., senza che rilevino durata e modalità di svolgimento;
  • originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
  • nati dai contratti di lavoro instaurati in qualunque forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge n. 142/2001.

Il comma 913 dell’art 1 prevede invece che non è obbligatorio procedere al pagamento dello stipendio nei modi previsti dal comma 910 della legge 205/2017 nei seguenti casi:

  • rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del dlgs. n. 165/2001;
  • quelli di cui alla legge n. 339/1958 che tutela il lavoro domestico;
  • rapporti di lavoro degli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
  • Esclusi i tirocini, i rapporti autonomi occasionali e le borse di studio.

Sanzioni per chi non rispetta il divieto di pagamento dello stipendio in contanti

Il comma 913 dell’art. 1 prevede che al datore di lavoro che non rispetta la norma si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria minima di 1000 euro e massima di 5000 euro.

Il divieto di corrispondere lo stipendio in contanti si intende violato anche quando il bonifico del datore viene revocato o l’assegno annullato.

La sanzione scatta quindi anche quando il pagamento dello stipendio non è andato a buon fine.

Tuttavia, il datore di lavoro sanzionato, entro 30 giorni dalla notifica del verbale di contestazione e notificazione ha la facoltà di presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro (art. 16 del d.lgs. n.124/2004).

O, in alternative, degli scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi dell’art. 18 legge n. 689/1981.

 

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