Lo chiarisce la giurisprudenza della Corte di Cassazione in un momento di boom dei cosiddetti ‘tradimenti programmati’

Il tradimento del coniuge, da un punto di vista giuridico, costituisce un valido motivo di addebito della separazione, salvo che l’infedeltà sia nota e tollerata. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con una decisione del 2014 che torna più che mai di attualità  in questi giorni dopo che il quotidiano inglese ‘Indipendent’ ha pubblicato la notizia del boom dei cosiddetti ‘tradimenti programmati’ ovvero la moda di condividere consapevolmente il proprio partner con altri.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 6017/2014,  si è pronunciata sulla causa di separazione tra due coniugi, nell’ambito della quale il marito era stato incolpato dalla moglie di aver provocato la fine del matrimonio intraprendendo una relazione extraconiugale, peraltro ancora in corso al momento della separazione. I giudici del Palazzaccio, tuttavia, hanno confermato quanto già disposto dalla Corte d’appello, ovvero che la relazione extraconiugale dell’uomo non poteva essere considerata la causa della crisi coniugale. La donna, infatti,  era a conoscenza della relazione da molto tempo ma, nonostante ciò, aveva tollerato a lungo il tradimento manifestando la sua disponibilità a proseguire la convivenza e a non chiedere la separazione, come risulta da una scrittura privata.

Il successivo allontanamento del marito dal domicilio familiare è invece stato interpretato dalla corte distrettuale come presa d’atto della intollerabilità della convivenza, ormai concepita come mera conservazione formale dello status coniugale e priva di “affectio coniugalis”. Gli Ermellini, accogliendo tale impostazione, hanno quindi respinto il ricorso della donna.

Sulla stessa linea, inoltre, nell’ambito della giurisprudenza di merito va segnalata anche una più recente pronuncia del Tribunale di Roma. I giudici capitolini, con la sentenza n. 1548 del 2015 hanno infatti negato l’addebito della separazione a un coniuge fedifrago poiché il partner, pur consapevole del tradimento, aveva proseguito la convivenza per diversi anni finché era stato lo stesso compagno infedele a sollecitare l’intervento del giudice.

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