La Corte di Cassazione si è espressa sulla circostanza in cui un solo errore non grave possa determinare il licenziamento di un dipendente

Può un solo errore non grave legittimare il licenziamento di un dipendente?
In merito si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 21062/2017.
Con tale pronuncia, i giudici hanno affermato che è necessario verificare la proporzionalità tra i fatti contestati e la sanzione inflitta.
Questo tipo di apprezzamento va effettuato tenendo conto anche dell’intensità dell’elemento intenzionale, della durata del rapporto di lavoro e delle pregresse sanzioni in cui è incorso il dipendente.

Pertanto un solo errore non grave non può automaticamente legittimare un licenziamento.

Nel caso di specie, la Corte ha accolto in parte il ricorso di un dipendente.
Questi era stato licenziato per giusta causa poiché aveva richiesto un permesso da lavoro di un giorno per assistere la figlia malata e si era poi recato a una manifestazione sindacale.
La Cassazione ha accolto la censura con cui l’uomo ha dedotto difetto di proporzionalità della sanzione disciplinare.
Per lui, questa era stata applicata senza tenere conto della sanzione conservativa prevista dal contratto collettivo in riferimento alle ipotesi di assenza da lavoro.

Per i giudici, infatti, occorre che la giusta causa di licenziamento rivesta il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, in particolare di quello fiduciario.

Pertanto, il giudice deve valutare, da un lato, la gravita dei fatti addebitati al lavoratore.
Ciò deve avvenire in relazione alla loro portata soggettiva e oggettiva, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale.
Oltre a questo, va considerata, la proporzionalità tra fatti e sanzione inflitta.
Ne consegue che un solo errore non grave non può costituire il presupposto per un licenziamento.
Tenendo invece conto della suddetta proporzionalità, sarà possibile stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, sia tale da giustificare un licenziamento.

Il requisito della proporzionalità esige una valutazione non astratta dell’addebito, ma concreta.

Ne consegue, per i giudici, che bisogna dare importanza a eventuali mancanze e all’intensità dell’elemento intenzionale.
Oltre a ciò, vanno considerati altri elementi.
Il grado di affidamento richiesto dalle mansioni; le precedenti modalità di attuazione del rapporto, la durata dello stesso; l’assenza di sanzioni pregresse e la natura del rapporto.
Nel caso esaminato, la Corte territoriale ha omesso ogni considerazione degli elementi oggettivi e soggettivi.
Il dipendente, infatti, aveva preso una sola giornata di assenza lavorativa, e aveva deciso di partecipare alla manifestazione solo dopo aver ottenuto la rassicurazione del medico sulle condizioni non gravi della figlia.
Inoltre, l’orario non era più compatibile con il rispetto del primo turno di lavoro per quel giorno assegnatogli.
Pertanto, ai fini della corretta applicazione del principio di proporzionalità, questi elementi dovranno essere comparati con le sanzioni conservative dell’ammonizione scritta, della multa e della sospensione.
Questo avverrà in riferimento alle ipotesi stabilite dal CCNL di categoria ratione temporis applicabile.
Sarà ora il giudice del rinvio a stabilire l’esito della vicenda.
 

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