L’Oms precisa che, sebbene ci siano prove “sempre maggiori” del legame tra il virus e la malformazione neurologica, bisognerà attendere metà anno per avere la certezza. E intanto è in programma un meeting di esperti su diagnosi e vaccini

La certezza non si avrà prima di 4-6 mesi, ma ci sono prove “sempre maggiori” del legame tra Zika e microcefalie. È questo l’ultimo aggiornamento dell’Oms sul virus che sta terrorizzando il Centro America: l’organizzazione mondiale per la Sanità, ha già un programma per marzo un meeting di esperti su diagnosi e vaccini.

Gli esperti dell’Oms, dunque, mantengono ancora cautela, anche se un gruppo di ricercatori brasiliani avrebbe presentato uno studio (pubblicato su Lancet Infectious Diseases) che rafforzerebbe la tesi del possibile legame tra Zika e microcefalie: gli studiosi, infatti, avrebbero rilevato la presenza del virus nel liquido amniotico di due donne i cui feti mostravano segni di microcefalia e che avevano manifestato i sintomi dell’infezione (febbre, rash cutaneo e dolori muscolari).

La scoperta suggerirebbe, secondo Ana de Filippis dell’Istituto Oswaldo Cruz di Rio de Janeiro citata dalla BBC online, “che il virus potrebbe attraversare la barriera della placenta e potenzialmente infettare il feto”. Eppure, la stessa esperta precisa che non siamo ancora in grado di determinare “se il virus Zika identificato in questi due casi sia stato la causa della microcefalia dei bambini”. Ecco perché, “sono urgentemente necessarie ulteriori ricerche. Finché non capiremo i meccanismi biologici che collegano Zika alla microcefalia non potremo essere certi che uno causi l’altra”.

Per approfondire:
Virus Zika, Esposito: «pericolo solo per le donne in gravidanza»

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