Una specifica sentenza della Cassazione ha fornito chiarimenti importanti sul danno da demansionamento e il modo in cui può esserne fornita prova

In merito al danno da demansionamento, la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, si è espressa fornendo delle precisazioni importanti con la sentenza n. 22288/2017.

Per i giudici, infatti, la prova del danno da demansionamento può essere fornita anche a mezzo presunzioni semplici.

L’importante pronuncia della Suprema Corte, di fatto, riconosce la possibilità che la prova del demansionamento venga fornita anche attraverso le c.d. presunzioni semplici.

Come noto, stante che l’onere della prova circa il danno da demansionamento spetti comunque al lavoratore, quest’ultimo è tenuto a fornire dei mezzi di prova.

Il tutto, affinché il Giudice possa effettivamente riscontrare una dequalificazione del lavoratore sul posto di lavoro.

Al fine di potere fornire questa importante prova è essenziale che il lavoratore sia in grado di fornirla in merito alla netta differenza tra la mansione cui era stato adibito al momento della assunzione e quella cui era stato adibito successivamente (con relativa dequalificazione a dire dello stesso).

Secondo un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, l’onere della prova ricade sempre sul lavoratore.

È lui, infatti, che deve dimostrare effettivamente in che modo sia stato addetto a mansioni non inidonee alle proprie capacità professionali e, naturalmente, inferiori.

Fornire tale prova, tuttavia, non risulta particolarmente semplice.

Questo poiché il lavoratore deve essere in grado di dimostrare che le due mansioni siano nettamente diverse e dequalificanti.

Tuttavia quando questo non è possibile per mezzo di prove documentali e testimoniali, secondo la recente pronuncia della Cassazione è, di fatto, ammesso che il Giudice possa trarre la suddetta prova anche da presunzioni semplici.

Alla luce di tali considerazioni, se prima l’onere probatorio risultava molto più rigoroso, con la nuova pronuncia della Cassazione, qualcosa cambia.

Il lavoratore, infatti, potrà agire anche nel caso in cui non possa fornire prove concrete.

Ciò che resta fondamentale, però, è che si possa quanto meno fornire detta prova mediante presunzioni semplici.

 

 

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