Siamo nuovamente a parlare di problematiche dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM) e, in questo caso, di quanto sia importante non sottovalutare un evento traumatico ancorché apparentemente banale. Ma non è tutto: vedremo quanto sia fondamentale, di fronte ad un problema che interessi l’ATM, ricorrere al professionista esperto in questa materia e non ad un odontoiatra generico.

La signora che ho visitato pochi giorni fa racconta di essere stata urtata involontariamente dalla figlia e di aver riportato un trauma contusivo al mento. Questo trauma si è ripercosso sull’ATM determinando l’instaurarsi di un quadro clinico con dolore spontaneo e provocato dalla masticazione e, nei giorni immediatamente successivi, limitazione dolorosa della apertura della bocca e cefalea. La diagnosi è quella di ”contusione” dell’ATM, un quadro ben noto del quale non è possibile ipotizzare inizialmente né gravità né durata.

Sotto questa denominazione si celano spesso situazioni di scarsa gravità che conducono a completa remissione dei sintomi nel giro di pochi giorni ma, oltre a situazioni di valore intermedio, anche quadri severi. Questi ultimi sono legati a stravasi ematici intraarticolari che, in casi gravissimi, in cui si è avuta una perforazione discale, posso esitare in anchilosi fibrosa o ossea dell’articolazione. Detto in maniera più comprensibile, l’articolazione può andare incontro a blocco permanente risolvibile solo con delicato intervento chirurgico.

È chiaro, pertanto, che ogni trauma contusivo che interessi l’ATM deve essere diagnosticato, gestito e controllato da un esperto in materia di Disordini Temporomandibolari (DTM) che, nella moderna accezione del termine, viene definito “gnatologo”.

La signora viene indirizzata ad un chirurgo maxillo-facciale che opera a grande distanza dalla sua sede di residenza: la diagnosi viene posta correttamente e viene consigliata una terapia con bite/placca, essendo esclusa la necessità di approccio chirurgico. Tornata nella sua zona di residenza la signora cerca un odontoiatra per la esecuzione della cura ma viene indirizzata ad un fisiatra che opera in un centro posturologico e, per così dire, depistata. Passa circa un mese, la paziente sta un po’ meglio ma non bene e una ricerca su internet la spinge a riferirsi ad altro professionista molto distante dalla propria sede.

Viene confermata la diagnosi, le vengono fatte le impronte delle arcate dentarie e i modelli ricavati da esse le vengono consegnati per tornare a casa e farsi confezionare un bite dal proprio dentista generico. Anche in questo caso sia la diagnosi che la terapia sono ben individuate ma la esecuzione pratica rende indispensabile rivolgersi ad un curante con studio nelle vicinanze di casa della paziente.

Finalmente, ma ahimè, la signora decide di recarsi da un dentista del suo paese il quale, con una certa sufficienza, segue il racconto delle sue peregrinazioni, la visita dal punto di vista strettamente odontoiatrico e, riscontrata la presenza di una carie, consiglia la malcapitata a sottoporsi a cura della stessa.

Sin qui, apparentemente, nessun problema se non ché il dentista, terminata l’otturazione, senza informare e chiedere il consenso alla paziente (così racconta la visitata), inizia a ritoccare i denti, sia naturali che protesizzati (incapsulati) a casaccio, praticamente in ogni zona della bocca, operando quello che viene definito un molaggio cuspidale massivo.

La sintomatologia della paziente, che nell’ultimo periodo era andata progressivamente, anche se lentamente, migliorando, peggiora improvvisamente e si scompensa: insorge cefalea massiva, instabilità nella chiusura della bocca, inefficacia masticatoria. La signora torna allo studio e, con insistenza, riesce a farsi rilasciare una certificazione nella quale il curante ammette di aver eseguito un molaggio. Passano i giorni, la paziente sta malissimo, subentra un grave stato ansioso che, associato al dolore, la costringe a rinunciare ad un’offerta di lavoro.

Comprende di essere stata danneggiata e si sottopone a visita per parere medico-legale.

Che cosa è importante dimostrare, rispettando i criteri di oggettivazione che l’iter risarcitorio richiede? Che sono state effettuate manovre di molaggio che rappresentano una pratica irreversibile, non indicata nella terapia dei disordini temporomandibolari, di sicuro non nelle fasi acute di queste patologie. Abbiamo la certificazione dell’operatore ma niente di meglio della presenza dei modelli di gesso, eseguiti dal secondo professionista presso il quale la signora si era recata a visita, che suggellano

lo stato dei denti antecedente al molaggio, consentendo di analizzare nel dettaglio il maldestro e dannoso intervento subìto.

Una considerazione sorge spontanea: siamo in un momento storico nel quale, grazie alla potenza della comunicazione, diagnosi e terapie sono universalmente condivise dalla comunità scientifica e nessuno ha più il diritto paternalistico di arrogarsi la scelta sconsiderata e presuntuosa di risolvere problematiche ben inquadrate con interventi basati su opinioni personali. Le linee guida internazionali sui disordini temporomandibolari, ben recepite dalle linee guida ministeriali italiane del gennaio 2014, considerano che i DTM devono essere approcciati in maniera conservativa, reversibile, non chirurgica. I DTM devono essere trattati con bite/placche, fisioterapia, terapia cognitivo-comportamentale, supporto psicologico, buona gestione delle parafuzioni, farmaci, terapia fisica.

Non può più essere tollerato l’approccio ortodontico, protesico o con molaggio occlusale, pratiche tutte che rappresentano manovre irreversibili, non controllate e non sostenute dalla evidenza scientifica.

Oggigiorno l’odontoiatria comprende branche super-specialistiche che come tali devono essere approcciate. Di fronte al problema specifico o si è cultori della materia (e ciò vale per i DTM come per qualsiasi altra situazione specifica vedi stomatologia, problema parodontale ecc.) o è necessario che presso lo studio un professionista si occupi specificamente del problema, oppure occorre inviare il paziente all’esperto.

Il molaggio praticato in maniera sconsiderata nella bocca della paziente rappresenta un approccio inutile al problema, spesso, come nel caso riportato, del tutto dannoso, e la sua esecuzione è assolutamente ingiustificata e condurrà a sicuro risarcimento.

Marco Brady Bucci

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1 commento

  1. Io sono vittima dei disturbi temporo-mandibolari a causa di un falso odontoiatra non laureato ma era proprietario di tre studi, al suo decesso sono venuta a conoscenza che esercitava la professione senza un titolo. Purtroppo siamo in Italia,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,

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