Secondo i dati del rapporto Unicef “Ogni bambino è vita” il tasso di mortalità neonatale nel mondo è ancora molto allarmante.

Ogni anno ci sono 2,6 milioni di casi di mortalità neonatale, in media 7.000 ogni giorno. È questo il dato allarmante che emerge dal rapporto Unicef  “Ogni bambino è vita”, pubblicato recentemente.

Dove è rischioso nascere e dove invece è più sicuro?

La mortalità neonatale è una piaga che investe tutto il mondo, ma che affligge in particolare i paesi più poveri. La sopravvivenza neonatale è, infatti, strettamente legata al livello di reddito di un paese.

Il Pakistan è il luogo più ad alto rischio nel quale nascere. Nel 2016 ogni 1000 nati ne sono morti 46. 1 su 22. Dei dieci paesi in cui è più pericoloso nascere, perché si registrano i tassi più alti di mortalità neonatale, 8 si trovano in nell’Africa subsahariana e 2 si trovano nell’Asia meridionale.

Giappone, Islanda e Singapore sono invece i paesi più sicuri in cui nascere. In questi paesi, infatti, muore 1 bambino ogni 1000 nati. In Pakistan i nuovi nati hanno 50 probabilità in più di non sopravvivere al primo mese di vita rispetto ad un bambino che nasce in questi paesi.

Nei paesi a basso reddito il tasso di mortalità si aggira a 27, nei paesi ad alto reddito è solo di 3.

L’Italia si colloca al 169° posto (su 184 Stati) nella classifica globale del tasso di mortalità neonatale, con un indicatore pari a 2 – ovvero 1 decesso in età neonatale ogni 500 bambini nati vivi.

Se entro il 2030 ogni paese riducesse il proprio tasso di mortalità neonatale al tasso medio dei paesi ad alto reddito, o inferiore, si potrebbero salvare 16 milioni di vite appena nate.

Piano d’azione per fare differenza tra la vita e la morte

Cosa si può fare per limitare divario sopra descritto e salvaguardare la vita dei neonati? Innanzitutto è necessario – secondo il rapporto Unicef – agire con un approccio sistematico volto a migliorare la sanità mondiale.

La mortalità neonatale non si deve a cause mediche come il parto pretermine o la polmonite ma a mere ragioni economiche. Questi bambini muoiono perché le loro famiglie sono troppo povere o emarginate per accedere alle cure di cui hanno bisogno prima, durante e dopo il parto.

È necessario quindi aumentare l’accessibilità all’assistenza sanitaria e migliorare la qualità di tale assistenza. In ogni paese si devono garantire ad ogni madre e bambino la presenza di presidi sanitari puliti e funzionanti in cui operino medici, infermieri e ostetriche qualificati.

Secondo un’analisi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per sostenere la salute e il benessere di mamme e bambini sono necessari 44,5 medici, infermiere o ostetriche ogni 10.000 persone. Nei dieci paesi in cui è più rischioso nascere ogni 10.000 persone ci sono in media, solo 11 operatori sanitari qualificati. Dato allarmante che scende ancora in paesi come la Somalia dove c’è solo un medico, infermiera o ostetrica ogni 10.000 persone.

Nei paesi più ricchi in cui il tasso di mortalità neonatale è basso ci sono invece 120 operatori sanitari ogni 10.000 persone.

A determinare il tasso di mortalità è poi la condizione stessa delle donne. “I bambini nati da madri senza istruzione hanno infatti un rischio di morire da neonati quasi doppio rispetto ai bambini nati da madri con almeno un’istruzione secondaria”.

È importante predisporre anche misure finalizzate all’emancipazione femminile con “politiche e interventi che possano aiutare a responsabilizzare le ragazze adolescenti, le mamme e le famiglie a richiedere e ricevere assistenza di qualità”. Provvedimenti come educazione alla salute sessuale e riproduttiva, incentivi in denaro per promuovere l’accesso ai servizi sanitari e nutrizionali e leggi sui congedi familiari.

Il kit della sopravvivenza neonatale

Il piano d’azione prevede inoltre che in ogni presidio medico ci siano gli strumenti adatti e le misure basilari per sconfiggere la mortalità neonatale. Non basta infatti la presenza di personale qualificato se poi questo non può operare per mancanza di bende, anestesie, acqua potabile o elettricità.

I governi di tutto il mondo devono quindi provvedere all’istituzione di presidi sanitari dotati in primis di acqua, detergenti ed elettricità.

Devono poi essere sempre presenti dieci strumenti fondamentali:

  • Un kit di rianimazione;
  • L’antisettico Clorexidina per prevenire infezioni;
  • Dispositivi per la respirazione assistita;
  • Il concentratore di ossigeno;
  • Lampade per fototerapia;
  • Integratori di micronutrienti sia per le mamme che per i bimbi;
  • Vaccino antitetanico;
  • Termometri;
  • Antibiotici per mamme e bambini;
  • Coperte e indumenti per mantenere il bambino caldo e favorire il contatto pelle a pelle, anche durante l’allattamento.

Elementi che possono sembrare banali, visti con gli occhi del mondo occidentale, ma che nei paesi più poveri non sono per niente scontati, anzi.

Copertura sanitaria universale

Henrietta Fore, Direttore dell’UNICEF spiega che le morti neonatali sono prevedibili ma che ancora non abbiamo raggiunto “i risultati necessari per i bambini più poveri del mondo”.

Le misure sopra descritte sono – secondo il rapporto – dispositivi necessari per favorire la sopravvivenza neonatale. A questi si aggiunge il principio della copertura sanitaria universale.

La copertura sanitaria universale – prospettata dall’Unicef – prevede un sistema “in cui tutti hanno accesso a servizi sanitari che coprano non solo la cura delle malattie, ma promuovano la buona salute e, prima di tutto, mettano in atto misure di profilassi”. “La copertura sanitaria universale è anche finalizzata a garantire che i servizi siano di qualità elevata e che le persone non abbiano difficoltà a pagarli”.

Un caposaldo necessario che presuppone un grande sforzo da parte di tutti i governi del mondo al fine di garantire un mondo in cui nessuno muoia per cause prevenibili.

 

 

Barbara Zampini

 

 

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